Tre leggiadre poesie di Mario Luzi.

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Tre leggiadre poesie di Mario Luzi.

La favola della vita.
Giacomo Leopardi
dall’operetta morale Dialogo di Tristano e di un amico.

I

Dall’opera poetica “Per il battesimo dei nostri frammenti” (1985), io, Biagio Carrubba, ho scelto queste tre suggestive, rammemoranti e parenetiche poesie di Mario Luzi per rendere omaggio alla sua altissima levatura di poeta. Queste tre poesie, una più bella dell’altra, mi destano, ancora oggi, una profonda emozione e un sentimento di beltà. Due di queste tre poesie sono state scritte da Mario Luzi in due occasioni particolari e sono state pubblicate in due libri di poesie diversi; le due poesie sono dedicate ed ispirate a due uomini diversi tra di loro e lontani nel tempo ma tra di loro accomunati dal lungo soffrire e dalla morte violenta ed improvvisa; le due poesie sono dedicate ad Aldo Moro e a Giacomo Leopardi. La bellissima poesia “Moro”, pubblicata da Mario Luzi nel 1980, subito dopo l’assassinio di Aldo Moro, rende omaggio e lode al leader democristiano assassinato dalle Brigate Rosse. Anche io, Biagio Carrubba, nella mia prima giovinezza degli anni ’70, nutrivo istintivamente ed empaticamente tanta simpatia e tanta fiducia in Aldo Moro perché capivo che era l’unico leader della Democrazia Cristiana che intravedeva ed auspicava un possibile accordo con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer.

Testo della poesia Moro.

Acciambellato in quella sconcia stiva,
crivellato da quei colpi,
è lui, il capo di cinque governi,
punto fisso o stratega di almeno dieci altri,
la mente fina, il maestro
sottile
di metodica pazienza, esempio
vero di essa
anche spiritualmente: lui –
come negarlo? – quell’abbiosciato
sacco di già oscura carne

fuori da ogni possibile rispondenza
col suo passato
e con i suoi disegni, fuori atrocemente –
o ben dentro l’occhio
di una qualche silenziosa lungimiranza – quale?
non lascia tempo di avvistarla
la superinseguita gibigianna.

Da M. Luzi Tutte le poesie. Garzanti Editore Gli elefanti. Pag. 529.

II

Dall’opera poetica “Frasi e incisi di un canto solitario” (1990), io, Biagio Carrubba, ho scelto la seconda bellissima poesia, “Recanati”, scritta nel 1987 in occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Leopardi, omaggia l’immortale poeta recanatese. Questa breve poesia è un autentico capolavoro perché rende bene lo stato d’animo di Luzi che, con le sue immagini leopardesche, riesce a sintetizzare la rapidità del tempo trascorso tra la vita sfortunata ed infelice del giovane poeta e l’epoca attuale in cui viene scritta la poesia. Mario Luzi riesce a ricreare nella poesia la grandezza e la filosofia di Leopardi ed in sintesi esprime come tutto il tempo è già passato, come tutto cambia ma tutto è nulla.

Testo della poesia.

(Recanati)
Uguale, non mutato
in altro da com’era –
così tutto appare. La vita
che col solo
suo romito
manifestarsi ti toccava il cuore,
la povera, l’augusta
vicenda
del luogo e delle ore,
il cielo, l’aria,
il passero, la torre,
il borgo, la casa, i suoi balconi –
tutto questo è ancora,
l’inganno
che ti gelava il sangue
anche. C’è Silvia,
c’è l’essenza di Silvia, il suo ricordo
e la sua dimenticanza. C’è il silenzio
della voce di lei in quelle stanze,
dietro quelle finestre.
C’è dovunque quel nodo
tra ira e struggimento,
c’è la quiete successiva, c’è
l’esultazione, il rapimento.
Può essere e non essere stato
questo, come altro
essere ritirato
dall’umana conoscenza,
ma la sua verità no, quella
è ferma, quella indietro non ritorna.

Da M. Luzi Tutte le poesie. Garzanti Editore Gli elefanti. Vol. II pagg. 907, 908.

III

Dal libro Lasciami, non trattenermi, io Biagio Carrubba, ho scelto la terza poesia che ha per titolo “Il termine, la vetta”. È una poesia particolare perché fu scritta da Mario Luzi pochi giorni prima della sua improvvisa morte. Essa rende bene lo stato d’animo del poeta che per tutta la vita è stato un fervente religioso ma anche un convinto laico che ha sostenuto sempre i valori della democrazia e della laicità dello Stato Italiano. La poesia esprime, appunto, l’animo sacro e religioso di Luzi, il quale ancora una volta cerca la luce di Dio; ma il poeta sa che la strada che conduce a Dio non ha fine come a dire che per l’umanità non vi sarà una fine certa e non si sa quando comincerà l’ultimo viaggio. Mario Luzi è stato un convinto credente, pieno di speranza di arrivare a Dio; anche io vorrei credere ma dubito: Dio c’è o non c’è? A Lui stesso l’arduo compito dello scoprimento e della rivelazione della Verità. Io, Biagio Carrubba, sono stato molto contento il 14 ottobre 2004, quando Luzi è stato nominato Senatore a Vita dall’allora Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Luzi ha ricevuto questa onorificenza come esempio di massimo fulgore poetico e come rappresentante della cultura e della grande letteratura democratica, laica ma anche credente in nome di un spirito eclettico che rendeva il poeta ben voluto da tutti gli italiani e amato da tanti amanti di poesia come me.

Testo della poesia.

Il termine, la vetta.

Il termine, la vetta
di quella scoscesa serpentina
ecco si approssimava,
ormai era vicina,
ne davano un chiaro avvertimento
i magri rimasugli
della tappa pellegrina
su alla celestiale cima.
Poco sopra
alla vista
che spazio si sarebbe aperto
dal culmine raggiunto…
immaginarlo
già era beatitudine
concessa
più che al suo desiderio, al suo tormento.
Si l’immensità, la luce
ma quiete vera ci sarebbe stata?
Lì avrebbe la sua impresa
avuto il luminoso assolvimento
da sé stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata…
Questo temeva, questo desiderava.

Questi tre grandi personaggi, Aldo Moro, Giacomo Leopardi e Mario Luzi amavano profondamente la vita e la loro tragica morte la fa amare ancora di più a noi. Anche se Leopardi negli ultimi anni della sua vita invocò ardentemente la morte, io, Biagio Carrubba, credo, come gran parte dei critici, che la sua invocazione della morte non sia altro che un amore per la vita e una protesta contro la natura madre matrigna. Leopardi, come è noto, amava la morte e l’amore, che regolano la vita umana; la strofa che segue esprime l’amore di Leopardi per la vita:

Per còr le gioie tue, dolce pensiero,
provare gli umani affanni,
e sostener molt’anni,
questa vita mortal, fu non indegno;
ed ancora tornerei,
così qual son dé nostri mali esperto,
verso un tal segno a incominciare il corso:
che tra le sabbie e tra il vipereo morso,
giammai finor si stanco
per lo mortal deserto
non venne a te, che queste nostre pene
vincer non mi paresse un tanto bene.

Questa strofa, tratta dal canto “Il pensiero dominante” esplicita in modo chiaro e netto l’amore di Leopardi per la vita degli uomini. Anche io amo incessantemente la vita perché, se vissuta nel miglior modo possibile, la vita è favola.

 

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Modica, 14/ 12/ 2018                                                                                                  Prof. Biagio Carrubba

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