LA BELLEZZA DELLA POESIA LATINA (9).

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POESIE LATINE SULLE ROSE,

FIORE SIMBOLO DI VENERE, DEA

DELLA BELLEZZA E DELL’AMORE.

Introduzione.

L’Anthologia latina (VI sec. d.C. ), per fortuna,  ha raccolto e conservato una buona quantità di poesie sulle rose, fiore simbolo di Venere, dea della bellezza e dell’amore. La raccolta delle poesie inizia con una poesia di Floro, poeta del II sec. d.C., contemporaneo e amico dell’Imperatore Adriano, con il quale ebbe anche uno scambio epistolare e poetico. La poesia di Floro inaugura il florilegio di poesie sulle rose che rappresentano e simboleggiano la giovinezza e la bellezza della vita che rapidamente fugge via, portandosi con sé le gioie e l’amore della gioventù. Da questa considerazione vistosa e nota a ciascun uomo nasce la prima poesia parenetica di Floro, a cui seguono altre poesie dello stesso argomento, dello stesso stile e dello stesso messaggio poetico. Gli studiosi, su queste poesie, differenziano la poesia di Floro dalle altre poesie che seguono nell’Anthologia latina in secoli diversi, ma io, Biagio Carrubba, penso che tutte queste poesie siano dello stesso Floro, perché hanno lo stesso tema, gli stessi argomenti e la stessa conclusione che coincide fra le quattro poesie, che sono:

Floro, carm.2 (Anth. Lat. 87 R)

Anth. Lat. 84 R.

Anth. Lat. 85 R

Anth. Lat. 86 R

a cui aggiungo, allo stesso autore, anche la poesia La fioritura delle rose n. 646.

La diversità di date e di autori è confermata anche da Maurizio Bettini nella sua La letteratura latina (ed. La Nuova Italia) dove a pagina 617 così scrive: “Molti componimenti sulla rosa restano di incerta datazione; alcuni di essi sono solitamente assegnati al III sec. d.C.”  Qualunque sia la datazione e l’autore di queste poesie io, Biagio Carrubba, le reputo molto belle e molto importanti perché, secondo me, costituiscono il miglior lascito poetico della poesia latina imperiale dal II sec. d.C. al V sec. d.C.. Esse esprimono tutte, molto bene, la similitudine delle rose con la gioventù degli uomini e delle donne. Come i giovani devono godersi gli anni della gioventù e coglierne al momento opportuno e propizio l’amore e le gioie così è necessario saper raccogliere le rose nel momento del loro massimo fulgore e splendore prima che appassiscano e perdano ogni loro bellezza. Queste 4 poesie finiscono infatti con l’invito perentorio a raccogliere le rose con il loro profumo e con il loro colore rosso porpora, prima che diventino avvizzate.

Ecco il finale delle 4 poesie.

Periscono oggi, se non le cogli al mattino . Poesia n. 87.

Cogli al mattino le rose, affinché non periscano:

così anche la vergine invecchia. Poesia n. 84.

O vergine, raccogli le rose, finché il fiore è nuovo e nuova la giovinezza,

e ricordati che allo stesso modo si affretta il tuo tempo Poesia n. 646.

2

Il motivo di queste poesie è molto antico e si rifà sia a un verso di Orazio (Carmina 2.3.13), e sia alla tradizione della poesia greca a cominciare dal poeta greco Mimnermo. In verità, questa tradizione sulle rose è ben poca cosa rispetto alla nuova raccolta latina conservata nell’Anthologia latina. Si può dire quindi che il florilegio latino è molto importante perché sviluppa la tradizione greca e la rinnova con la rosa che diventa il fiore simbolo di Venere, della bellezza e della gioventù che rapidamente sfiorisce e appassisce. Ecco come il grande latinista Maurizio Bettini, a pagina 617, così spiega l’importanza di questo florilegio: << Una delle stanze più incantevoli del Pervirgilium Veneris è quella dedicata al fiore tradizionalmente connesso a Venere: la rosa, che si presta a divenire simbolo della bellezza giovanile e della rapidità con cui – come la rosa – essa sfiorisce >> . Inoltre queste poesie sulle rose hanno dato l’incipit a diverse altre raccolte, molto belle, di poesie sulle rose come quelle di Lorenzo Dei Medici, fino ad arrivare alle belle poesie scritte da Pierpaolo Pasolini.

Io, Biagio Carrubba, penso che questo florilegio poetico latino sulle rose sia il più prezioso,  il più delicato e il più compatto di tutta la letteratura latina.

Floro, carm. 2

Vennero alla fine le rose. Che ingegno ha la dolce primavera!

Il primo giorno ha mostrato le puntute gemme dei fiori,

il secondo i boccioli, ormai inturgiditi come in un nodo più grande,

e già il terzo le corolle; il quarto ha completato

l’opera del fiore. Periscono oggi, se non le cogli al mattino.

ANTOLOGIA LATINA 84 R

O quali rose al mattino ho visto venire alla luce!

Adesso nascevano, eppure non avevano tutte la stessa età.

La prima ancora coperta sollevava il bocciolo appuntito,

la seconda nel bocciolo lasciava scorgere gli apici purpurei,

la terza aveva aperto non interamente il cerchio della corolla,

la quarta proprio in quel momento risplendette scoprendo il cuore del fiore.

Quando l’una solleva il capo e l’altra si scioglie del nodo,

… quando il pudore virgineo si spoglia della sua veste,

cogli al mattino le rose, perché non periscano:

così anche la  vergine invecchia.

Anth. Lat. 85 R

O questo è il sorriso di Amore, o dal suo pettine lo trasse

Aurora dalla purpurea chioma, o forse Cipride si impigliò nei rovi,

e qui il sangue, sulle acute spine, si posò.

Anth. Lat. 86 R

Venere aveva un giardino, circondato da siepi di rose,

campo grato alla padrona, e chi lo avesse visto subito l’avrebbe amato.

Mentre il fanciullo qui si affretta nel cogliere i fiori senz’ordine

E a velarne le chiome, si ferì con una spina acuta

le dita come il marmo bianche; presto, appena il dolore le membra toccò

e la mano insanguinata, egli bagnò gli occhi d’una lacrima.

Giunse alla madre, fremendo, e le spiega la sua lamentela:

<<Da quando le rose, o madre, iniziarono a nuocere?

Da quando i tuoi fiori combattono con armi che fanno male?

Sono in guerra con me; il colore del fiore e il sangue è tutt’uno>>.

Lode della rosa dai cento petali

Questa, credo, il Sole tinse con la sua aurora,

o forse volle che fosse uno tra i suoi raggi.

Ma se c’è la rosa di Cipride dai cento petali,

Venere tutta la bagnò con l’intero suo sangue.

Questa è la stella tra i fiori, questa è, nei campi, Lucifero fecondatore,

questa ha un profumo e un colore che sono degni

di avere l’onore della stella polare.

MODICA, 19/11/2024

PROF. BIAGIO CARRUBBA

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