INTRODUZIONE ALL’OPERA POETICA GIORNO DOPO GIORNO DI SALVATORE QUASIMODO.

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INTRODUZIONE ALL’OPERA POETICA GIORNO DOPO GIORNO
DI SALVATORE QUASIMODO.

Quasimodo scrisse GIORNO DOPO GIORNO tra il 1943 e il 1945. Le venti poesie seguono dunque il periodo di guerra che va dall’8 settembre 1943 e il 1945, cioè seguono le ansie e la gioia per la liberazione d’Italia. Le poesie non seguono un andamento cronologico; le poesie scritte nel 1943 sono poste nella seconda parte dell’opera, mentre le poesie scritte nel 1945 sono collocate nella prima parte dell’opera e l’ultima poesia è UOMO DEL MIO TEMPO scritta il 23 – 12 – 1935 che chiude l’opera come suggello del tema trattato e cioè la condanna della guerra e contiene anche l’appello finale di rinnegare gli uomini, I PADRI, che hanno voluto il conflitto della II guerra mondiale.
Il 1945 è un anno importantissimo per l’Italia perché gli americani la liberano dal terrore dei nazisti, e comincia il nuovo periodo di Stato democratico. Il 1945 è anche importante per Quasimodo perché si iscrive al Partito Comunista, anche se vi rimane iscritto solo per pochi anni, poi rimarrà un uomo di sinistra per sempre. Ma la tessera del partito dimostra ormai la piena maturazione politica, culturale, sociale ed umana di Quasimodo, che dopo la svolta dell’8 settembre del 1943 passa dal tiepido fascismo, di cui ogni intellettuale italiano portava le tracce da decenni, a guardare la guerra e la vita italiana con gli occhi del resistente alla barbarie nazista e partecipa con ansia e con gioia all’avanzata americana della liberazione. E proprio questa avanzata degli americani che liberano l’Italia dalle barbarie nazisti e dai massacri dei nazisti, come l’eccidio delle fosse Ardeatine, la strage di Marzabotto (29 settembre – 5 ottobre 1944) ed altri. Quasimodo nel 1944 non riesce a scrivere nessuna poesia affranto dal dolore dei morti e si sente impotente come altri scrittori italiani che non partecipano attivamente e concretamente alla lotta di liberazione. E proprio nei primi mesi del 1945 Quasimodo riprende la penna e scrive la bellissima poesia ALLE FRONDE DEI SALICI dove il poeta esprime tutto il suo travaglio interiore sia di uomo sia di poeta. La poesia apre la raccolta poetica ed esprime, si può dire, le preoccupazioni dell’avanzata della liberazione dai nazisti. Ma esprime anche la gioia della liberazione che avverrà qualche mese più tardi, il 25 aprile 1945, perché Quasimodo che non ha potuto scrivere niente fino allora, ora è in grado di scrivere la prima poesia della liberazione dall’occupazione nazista. Si può dunque ritenere che ALLE FRONDE DEI SALICI è la prima poesia neorealista della liberazione italiana e termina così, il silenzio in cui si erano rifugiati i poeti. In questo modo, GIORNO DOPO GIORNO inaugura la nuova poesia neorealistica italiana e ridà la voce al popolo italiano che era rimasto in cattività per due anni sotto le armi e il terrore dei nazisti. Nel 1946 Quasimodo dà le poesie a Giancarlo Vigorelli che pubblica l’opera con il titolo Con il piede straniero sopra il cuore. Nel 1947 Quasimodo cede le poesie alla Mondadori che ripubblica l’opera, con l’aggiunta di due nuove poesie, con il titolo definitivo GIORNO DOPO GIORNO. L’opera GIORNO DOPO GIORNO è composta da 20 poesie il cui tema principale manifesta lo sdegno e lo sconforto del poeta contro la barbarie nazista e contro gli uomini che uccidono a tradimento i propri fratelli, ma l’opera contiene parallelamente altri temi che si intrecciano con quello della guerra, come il tema della pace, che costituisce una sorta di parallelo con la guerra. Ma poi ci sono altri temi paralleli come: vita – morte, amore – odio, natura – città, animali – uomini, ambiente naturale – ambiente cittadino, giorno – notte, sole – luna, mare – montagna, amore per una donna lontana nel passato- amore per una donna vicina nel tempo.
L’amore per questa donna vicina costituisce l’altro grande tema della raccolta ed è una costante dell’opera quasimodiana: accanto al rimpianto della Sicilia c’era l’amore di una donna. Anche in questa opera c’è una donna, vicino al poeta, che dona speranza al poeta per una vita migliore e auspica una vita in pace all’Italia.
Le poesie nate dal dolore della guerra sono: 1) ALLE FRONDE DEI SALICI, 2) LETTERA, 3) 19 GENNAIO 1944, 4) NEVE, 5) GIORNO DOPO GIORNO, 6) FORSE IL CUORE, 7) LA NOTTE D’INVERNO 8) MILANO, AGOSTO 1943, 9) LA MURAGLIA e l’ultima poesia, la ventesima, UOMO DEL MIO TEMPO.
Le poesie nate dagli altri temi sono: O MIEI DOLCI ANIMALI, che descrive l’amore del poeta verso alcuni animali che vivono nelle campagne e nelle colline italiane e si rivolge anche alla sua donna amata che mostra un pessimismo di fondo. Lei gli dice: “Tu mi dici che tutto è stato vano, / la vita, i giorni corrosi d’acqua / assidua, mentre sale dai giardini / un canto di fanciulli”. Ma il poeta le risponde che “Ma forse io so che tutto non è stato”. (vano). La poesia A ME PELLEGRINO descrive l’amore per una donna lontana nel tempo, a cui il poeta dice: “Non sei più qui, non più il tuo saluto / giunge a me pellegrino. Mai due volte / la gioia si rivela.” E poi il poeta ripensa alla sua Sicilia dove “La nostra terra è lontana, nel sud, /calda di lacrime e di lutti. Donne, /laggiù, nei neri scialli / parlano a mezza voce della morte, / sugli usci delle case”.
Nella poesia PRESSO L’ADDA il poeta ritorna alla sua fanciullezza (o a quella della sua donna amata) e ricorda la primavera che illudeva la vita: “Riappare la corona del sambuco / dal fitto della siepe e agita la canna/ nuove foglie sugli argini del fiume. / La vita che t’illuse è in questo segno / delle piante, saluto della terra / umana alle domande, alle violenze”. La poesia “S’ODE ANCORA IL MARE” è una poesia di ricordi: il poeta ricorda la voce del mare che lieve risale dal tempo e ora egli ascolta la voce degli uccelli delle torri e vorrebbe che l’eco di lui andasse da lei “come quel buio murmure di mare”. La bellissima poesia “ELEGIA” descrive la luna come satellite gelido della notte che illumina la terra fumante della guerra e guida la terra verso il nord “dove ogni cosa corre/ senza luce alla morte, e tu resisti”. Le poesie “IL TRAGHETTO” e la poesia “IL TUO PIEDE SILENZIOSO” sono le due poesie aggiunte nel 1947 e sono le poesie più antiche, l’una di seguita all’altra, della raccolta esprimono e descrivono la tristezza per la morte di una giovane donna lontana nel tempo che varca la soglia dell’Ade. Questa giovane donna, amata dal poeta, giunge ad un fiume; ma egli la sente ormai flebilmente e nessuna delle ragazze che l’accompagnano la può salvare, poi arriva l’ultima luce dell’ultimo giorno di vita. È un giorno come gli altri, ma vi è un mutarsi della luce che chiude il cerchio della vita e trasporta “di là dal vuoto della luna, / dove varca l’Ade, il tuo piede silenzioso” e “Dunque, tu sei morta”.

La prima poesia di guerra dell’opera poetica GIORNO DOPO GIORNO è ALLE FRONDE DEI SALICI.

Testo della poesia.

E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

La parafrasi della poesia.

Noi, poeti, come potevamo scrivere poesie
Avendo le truppe naziste sopra la Patria,
vedendo fra i morti abbandonati nelle piazze,
guardando i morti sull’erba dura per il ghiaccio,
sentendo il lamento flebile dei fanciulli,
ascoltando l’urlo doloroso della madre che vedeva
il figlio crocifisso sul palo del telegrafo?
Noi, poeti, abbiamo smesso di scrivere poesie,
per voto, per silenzio e per impotenza
di fronte agli orrori della guerra e dei nazisti.
Abbiamo appeso le nostre penne sui rami dei salici,
dove i fogli bianchi oscillavano leggeri al triste
evento della guerra.

Il tema della poesia.
Il tema della poesia è la rappresentazione degli orrori commessi dai nazisti sulla popolazione inerme degli italiani. Massacri che suscitavano panico e paura tra i civili e silenzio tra i poeti. Gli orrori dei nazisti erano: i morti abbandonati nelle piazze, il lamento dei fanciulli, il grido straziante della madre che vedeva appeso il proprio figlio appeso sul palo del telegrafo, tutte scene reali che si vedevano nelle città e nelle campagne italiane. I nazisti occupavano l’Italia e i poeti non trovano le parole per esprimere lo sconforto e il dolore che avevano nel cuore e nell’anima. Questo dolore paralizzava la mano e offuscava la mente. I poeti erano ridotti all’impotenza e avevano finito di scrivere versi e avevano appeso i lori fogli puliti al vento della guerra perché la poesia diventa niente di fronte ai morti e alla barbarie della guerra.

Il messaggio della poesia.
Il messaggio della poesia è l’impossibilità da parte dei poeti di scrivere poesie quando la patria è occupata dal nemico, quando la popolazione soffre e piange i suoi difensori, quando la madre perde il proprio figlio. Il poeta non aveva l’animo lieto e non riusciva a trovare le parole per esprimere la propria rabbia contro il nemico occupante, così come gli ebrei, durante la prigionia in Babilonia, non riuscivano a cantare i loro salmi ed avevano appeso le loro cetre sulle fronde dei salici. Quasimodo prende spunto proprio dal salmo 137 della Bibbia dove si dice che gli ebrei avevano appeso le loro cetre sui rami dei salici e non avevano la gioia di cantare perché prigionieri in terra straniera.
I poeti non potevano scrivere più poesie perché la patria era in mani del nemico che opprimeva i loro cuori.

Il linguaggio della poesia.
Il linguaggio della poesia è contemporaneamente alto e figurato, simbolico e concreto, retorico e limpido. È costruito su molte figure retoriche, ma è anche ritmato e cadenzato. I versi, endecasillabi sciolti, danno un andamento veloce alla poesia che inizia con una domanda retorica e una spiegazione finale. Le immagini di dolore si succedono una dopo l’altra con una velocità crescente fino alla domanda retorica. La risposta è lenta ed esprime la rassegnazione del poeta sull’impotenza della poesia a risolvere le sorti della guerra.

Le figure retoriche della poesia.
Le figure retoriche della poesia sono numerose: la domanda retorica iniziale, la metafora (con il piede straniero sopra il cuore), l’analogia (al lamento d’agnello dei fanciulli ) la sinestesia ( l’urlo nero ), l’enjambement (al lamento / d’agnello) contribuisce a mettere in rilievo l’analogia istituita tra il pianto dei bambini, e il belato degli agnelli, indifesi di fronte allo spettacolo della violenza, i simboli della cetra che rappresenta la poesia, e il salice che simboleggia l’albero del pianto.

Il genere della poesia.
Per molti critici la poesia è costruita con figure retoriche proprie dell’ermetismo, secondi altri la poesia è costruita con un linguaggio più prosastico e più nuovo. Io, Biagio Carrubba, giudico e reputo questa poesia la prima poesia italiana del genere neorealistico che già era nato qualche anno prima nel cinema con il film Senso di Luchino Visconti del 1943.

Il tono emotivo della poesia.
Il tono emotivo della poesia è molto intenso e vibrante. Il poeta esprime tutta la sua impotenza come uomo e come poeta e ne esce una poesia sofferta e rabbiosa, ma esprime anche la volontà di urlare il proprio dolore contro il dominio tedesco, ed esprime anche il senso di liberazione che il poeta, insieme al popolo italiano, stava vivendo in quei mesi fervidi e attivi mentre lottava con i fucili in pugno contro i tedeschi. La poesia esprime in modo chiaro la ripresa della poesia che ora può dire tutto il silenzio che è stato costretto a subire nei due lunghi anni di guerra fratricida, come ha spiegato il poeta stesso, S. Quasimodo: “La poesia è stata scritta alla fine dell’inverno del 1944nel periodo più credule della nostra storia. Nasce da un richiamo a un salmo della Bibbia, precisamente il 137°, che parla del popolo ebreo trascinato in schiavitù a Babilonia. È un riferimento culturale. Il poeta non canta, dico io nel primo verso; e questo lo dicevano gli ebrei perché il canto è la rivelazione più profonda del sentimento dell’uomo”. (Dai I MERIDIANI S. QUASIMODO. Pag. 1187).

La lexis della poesia.
La lexis della poesia è chiara e personale. Esprime il nuovo modo di scrivere di Quasimodo dopo la prima opera Acque e terre e dopo il periodo ermetico. Ora il poeta si avvia alla nuova poetica del neorealismo italiano e affronta temi sociali, civili e corali come scrive nel primo dei saggi sulla poesia contemporanea nel 1946.

La bellezza della poesia.
La bellezza della poesia è data da un linguaggio nuovo e chiaro, costruito su tecniche ermetiche ma oramai sganciata dall’ermetica, ed esprime la volontà del poeta di far parlare la poesia dopo il periodo di silenzio.

Le altre poesie di guerra sono.

La seconda poesia di guerra dell’opera è LETTERA.
Il poeta dice in questa poesia che la guerra riduce tutto a silenzio. Ecco l’incipit della poesia “Questo silenzio fermo nelle strade”, e poi prosegue “forse l’inerzia / il nostro male più vile…La vita / non è in questo tremendo, cupo, battere / del cuore, non è pietà, non è più / che un gioco del sangue dove la morte / è in fiore”.

La terza poesia di guerra è la bellissima 19 GENNAIO 1944.
“Ti leggo”, dice il poeta in questa poesia, versi di un poeta greco, ma le sue parole ora “ricadono lugubri e desolate in questa profondissima / notte di guerra in cui nessuno corre/ il cielo degli angeli di morte” e la poesia termina dicendo: “Qualcuno vive. / Forse qualcuno vive. Ma noi, qui / chiusi in ascolto dell’antica voce, / cerchiamo un segno che superi la vita, / l’oscuro sortilegio della terra / dove anche fra le tombe di macerie / l’erba maligna solleva il suo fiore.”

La quarta poesia di guerra è NEVE. Il poeta dice “Che urli almeno qualcuno nel silenzio, / in questo cerchio bianco di sepolti”.

La quinta poesia di guerra è GIORNO DOPO GIORNO. Il poeta dice che il sangue e l’oro sono le parole maledette perché scatenano le guerre. “Il mondo è fatto da mostri e la pietà è caduta e la croce gentile ci ha lasciati”

La sesta poesia di guerra è FORSE IL CUORE. Il poeta afferma, rivolgendosi alla sua donna amata: “E ancora attendi, / non so che cosa, mia sperduta; forse / un’ora che decida, che richiami / il principio o la fine: uguale sorte, / ormai.”

La settima poesia di guerra è LA NOTTE D’INVERNO. Il poeta dice che “Nessuno ci ricordi della madre, nessuno / ci racconti un sogno della casa”.

L’ottava poesia di guerra è la bellissima MILANO, AGOSTO 1943. Il poeta scrive: “Tu, povera mano è invano che cerci tra la polvere, / la città è morta. Non scavate pozzi nei cortili: / I vivi non hanno più sete. Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: / lasciateli nella terra delle loro case:/ la città è morta, è morta”.

La nona poesia è LA MURAGLIA. Il poeta afferma, rivolgendosi alla sua donna amata: “O cara, quanto / tempo è sceso con le foglie dei pioppi, / quanto sangue nei fiumi della terra”.

L’ultima poesia di guerra di GIORNO DOPO GIONO è la stupenda poesia.

UOMO DEL MIO TEMPO.

Testo della poesia.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che rividero la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
“Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

La parafrasi della poesia.

Tu, uomo del mio tempo, sei rimasto uguale all’uomo della pietra e della fionda.
Eri nella carlinga dell’aereo, con le ali maligne,
con gli strumenti di bordo che portano la morte.
Ti ho visto che eri dentro il carro armato, alle forche,
alle ruote della tortura. Ti ho visto: sei tu, uomo del mio tempo,
con la tua scienza esatta finalizzata allo sterminio,
senza amore e senza religione. Hai ucciso ancora,
hai ucciso come sempre, sei come i padri che uccisero,
sei come i padri che uccisero gli animali che ti videro la prima volta.
E l’odore del sangue che esce ora è uguale all’odore
del sangue che fu versato al tempo di Caino e Abele,
quando il fratello disse all’altro fratello “Andiamo ai campi”.
E quello urlo di morte è arrivato fino a te come un’eco
fredda, tenace, dentro la tua giornata.
O figli, rinnegate i padri, le nuvole di sangue
sono salite dalla terra, figli rinnegate i padri:
perché le loro tombe sono sprofondate nella terra,
perché gli uccelli neri e il vento mangiano e spazzano via il loro cuore.

Il tema della poesia.

Il tema della poesia è l’immutabilità della natura umana, la quale è rimasta uguale a quella dell’uomo della pietra e della fionda.
La natura umana, fatta di istinti, di pulsioni, di sentimenti e di egoismo, è rimasta uguale fino ad oggi, anche se la scienza ha fatto passi da giganti. La scienza ha perfezionato le armi che portano la morte ai fratelli. Alcuni uomini, presi dalla volontà di potenza, ancora oggi scatenano guerra agli popoli, portando lutti e morte. La civiltà ha solo mutato le condizioni di guerra: dalla fionda si è passati ai carri armati e agli aerei che sganciano bombe di morte. L’uomo del mio tempo, afferma il poeta, ha perduto ogni considerazione sugli altri fratelli della terra e ha dimenticato la solidarietà e la religione che lo trattengono dal non far la guerra. È rimasto uguale all’uomo di un tempo che invitando il fratello nei campi lo ha ucciso. Ancora oggi l’uomo del suo tempo inganna il fratello di oggi. E quella menzogna di allora è ancora viva oggi perché è arrivata fino all’uomo del suo tempo. Di fronte a tanta menzogna e tanto inganno o giovani di oggi, e figli non rinnegate i padri che portano la guerra, rinnegate i padri: perché le loro tombe sono coperte nella terra nera e perché gli avvoltoi rodono il loro cuore e il vento sparge nell’aria l’odore dei loro cadaveri.

Il messaggio della poesia.

Il messaggio della poesia è la constatazione della crudeltà dell’uomo che a distanza di tanti secoli dalla società primitiva è rimasto ancora uguale a sé stesso, primitivo, ferino, bestiale, crudele, istintivo, irriflessivo, selvaggio, spietato come quando si servava della pietra e della fionda. Il progresso della civiltà non è servito a cambiare l’uomo a farne un uomo migliore perché ancora oggi costruisce armi sempre più intelligenti finalizzate alla distruzione di interi popoli. L’uomo del suo tempo ha perduto l’amore, la solidarietà versi gli altri uomini e ha perduto la religione che invita gli uomini ad amare gli altri uomini e magari a sacrificarsi per essi come ha fatto Gesù Cristo che si è immolato per salvare gli uomini dal peccato e dal male.

Il linguaggio poetico della poesia.

Il linguaggio poetico della poesia è alto e preciso. Ogni verso scorre veloce fino alla fine. Le parole sono presi dal linguaggio comune ma sono costruite su molte figure retoriche e su richiami biblici e su richiami storici che innalzano la poesia a un linguaggio poetico efficace e tagliente. Molto bello l’appello finale nel quale il poeta condanna i padri che scatenano le guerre a danno dei figli e allora è compito dei figli rinnegare i padri che portano sciagure e guerre.

Le figure retoriche della poesia.
Le figure retoriche della poesia sono: la sinestesia (odore sangue) analogia nuvole di sangue.

La bellezza dell’opera poetica GIORNO DOPO GIORNO.
La bellezza di questa opera poetica è innegabile: ogni poesia è bella. E la somma di 20 poesie belle ne fanno un capolavoro assoluto della letteratura italiana. La voce di Quasimodo si leva alta e chiara contro la guerra, esprime in forma forte e ferma la sua modulazione del verso. Le poesie esprimono molti sentimenti: dall’amore alla patria, dal dolore alla gioia. Ogni poesia ha la propria forma che è uguale per tutte le poesie. Sono poesie di uguale lunghezza, ogni verso è serrato, e tutte le poesie marciano verso una sola voce monodica.
La bellezza di quest’opera poetica si può paragonare alla bellezza delle statue greche di Riace. Come queste statue sono statue possenti, alte, massicce, statiche nella loro altezza, fiere nello sguardo, e pesanti nelle loro armature, ed esprimono in modo completo e violento tutta l’aura del loro tempo, mostrano la cultura della Grecia del loro tempo, mettendo in risalto la complessità e la civiltà della Grecia antica; così questa opera poetica è un’opera poetica massiccia, possente, complessa, statica nella sua lunghezza, ma fiera dei sentimenti contro lo straniero, alta nel linguaggio poetico, nuovo, chiaro, una poesia nuova non più ermetica e forte nell’annunciare la liberazione dal nemico e pronta a denunciare l’uomo crudele di ogni tempo, ed esprime anche l’aura del proprio tempo, del tempo della seconda guerra mondiale, il disprezzo per il nemico che calpesta la patria, ed esprime la complessità dei tempi della seconda guerra mondiale.

Il mio giudizio personale.
Io, Biagio Carrubba, giudico quest’opera poetica un capolavoro, perché compatto, massiccio, statico, ma fiero di portare una nuova poesia. E il merito di Quasimodo sta proprio qui: lui per primo ha saputo svoltare pagina ancora una volta nella sua vita e nella sua poetica. E questa svolta e maturità Quasimodo l’ha scritta chiara e tonda sia nelle altre opere poetiche sia nei discorsi sulla poesia. È indubbio che il suo iscriversi al partito comunista è segno di intelligenza politica e di maturazione umana. Giudico l’opera bella ed importante perché è costituita da belle poesie che sanno trasmettere per intero i sentimenti del popolo italiano durante la guerra e i sentimenti del poeta Quasimodo durante la sua maturazione personale e poetica. Quasimodo ha saputo esprimere il sentire comune degli uomini di quegli anni che partecipavano alla liberazione dell’Italia.

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Modica 24/08/ 2018                                                                                          Prof. Biagio Carrubba

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