Esperienza recente di una malattia vascolare alle gambe.

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ché perder tempo a chi più sa più spiace.

Divina Commedia. Purgatorio.

Canto III. Verso 78

I

Otto giorni trascorsi in ospedale

per una trombosi alle gambe

hanno cambiato la mia vita

giornaliera, diminuendo di molto

la mia capacità di camminare.

Durante le notti, trascorse sul

letto consumato, ho meditato:

Alzare le ciglia, di notte,

vuol dire vivere, mentre

abbassare le ciglia, di giorno,

significa morire e tutto finisce

lì, in quel medesimo istante.

Silenzio assoluto e pieno,

per tutto il corpo silente,

non c’è più nessun respiro,

non c’è più nessuna aria,

da inspirare, né da espirare.

Ego, Super-Ego, ed Es spariti,

svaniti anche l’amore e l’odio,

non ci sono più, ormai,

né l’acrimonia, né la dolcezza,

né l’acrisia, né l’acribia,

ma subentra, soltanto,

l’atarassia e la pura aponia.

Buio totale, palpebre ferme,

capelli e muscoli, immobilizzati,

arti e articolazioni, paralizzati,

cervello vuoto, occhi chiusi.

Cuore muto, respiro assente,

virtù e conoscenza inerti, e

non c’è più auto-coscienza

né etero-coscienza.

Attività elettrica zero,

temperatura corporea

glaciale, siderale, sotto zero.

Comincia il processo di

decomposizione e di lenta

putrefazione. La materia

inizia a diventare

lentamente polvere,

all’insaputa del morto.

Ancora una volta la morte

ha adempiuto al suo compito.

Come sempre ha decimato,

vinto e ha trasumanato

la vulnerabile umanità.

II

Ma come afferma e ribadisce

il saggio Gesualdo Bufalino

nel suo capolavoro letterario

“La morte è un taglialegna,

ma la foresta è immortale”.

III

Certamente gli ospedali sono

luoghi di espiazione, di dolore,

di lamenti e di sofferenza;

sono purgatori di anime pietose,

in pena, invocanti, oranti,

supplicanti, anelanti e speranti

in una possibile guarigione,

augurandosi di ritornare alla buona salute

e alla sana vita di tutti i giorni,

che molte volte non arriva, e

al suo posto subentra, invece,

la tetra, lugubre e macabra nece,

che, tosto, s’avaccia quanto più può,

colpendo e portando con sé,

decine di malati, a staia.

Allora, compito sacrosanto,

liturgico e doveroso dei parenti,

è quello di riporre la salma

onorata tra le quattro assi.

Modica, 15/05/2021                                       Prof. Biagio Carrubba

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